La Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi in merito alle intercettazioni ambientali effettuate a mezzo captatore informatico (cd. trojan) e ha stabilito, con una recente sentenza del marzo 2024, che sono pienamente utilizzabili nel procedimento penale i dati raccolti e conservati su un cd. “server di transito” diverso da quello della Procura procedente nell’ambito del procedimento penale, non ravvisandosi in questo passaggio alcuna violazione dell’art. 268, co. 3, cod. proc. pen.
Sebbene, infatti, la citata norma imponga l’utilizzo esclusivo degli impianti installati presso la Procura della Repubblica per l’effettuazione delle intercettazioni, non si ravvisano irregolarità di sorta nel caso in cui il captatore informatico abbia trasmesso le informazioni su un server differente prima di trasmetterle al server della Procura; e ciò in ragione del fatto che si tratterebbe di un’operazione di appena qualche minuto, realizzata senza l’intervento umano e nell’ambito di un protocollo di sicurezza che ne garantisce l’integrità, con successiva eliminazione delle tracce registrate dal server di transito in favore degli impianti gestiti dall’Autorità Giudiziaria.
I dati, in altri termini, transitano all’interno del server prima di arrivare alla destinazione finale senza che possano essere da questo registrati e riutilizzati, sicché è la sola Procura della Repubblica a effettuare la registrazione delle intercettazioni e a preservarle da ultimo, in linea con quanto richiesto dal Codice di procedura penale (A.B.).
Per il testo integrale della sentenza v. Cass. Pen., Sez. VI, 13 marzo 2024, n. 10611