L’arresto giurisprudenziale ha riaffermato, in coerenza con l’insegnamento della nota pronuncia “Savarese” , come l’accesso (o il mantenimento) nel sistema ancorché con credenziali lecite attribuite all’agente, anche in assenza di divieti espressi, può essere qualificato come “abusivo”, quando risulti effettuato per finalità estranee a quelle proprie della funzione esercitata. In altri termini, per giudicare della liceità dell’accesso, ritiene la Corte, occorre aver riguardo non solo alla titolarità astratta del potere esercitato, ma (anche) al suo concreto esercizio e, quindi, alla finalità perseguita dall’agente, che deve essere confacente alla ratio sottesa al potere di accesso (Cass., Sez. Un. pen.,, n. 41210 del 18/05/2017).
L’accesso, dunque, può essere ugualmente definito abusivo ove si concretizzi uno sviamento del potere, realizzabile non solo quando l’attività del pubblico ufficiale sia svolta in palese violazione di norme che ne regolano l’esercizio del potere, ma anche quando questa, seppur formalmente lecita, sia esercitata per la realizzazione di un interesse collidente con quello per il quale il potere è attribuito.
Nel caso di specie, è stata confermata la sentenza della Corte di merito che aveva ritenuto responsabile del delitto di cui all’art. 615-ter c.p. il pubblico ufficiale in servizio presso la sezione di Polizia Giudiziaria della Procura della Repubblica di Avellino, il quale si era ripetutamente introdotto all’interno del Pubblico Registro Automobilistico, per effettuare ricerche nell’interesse del suo informatore.
Il Pubblico Registro Automobilistico, nel quale il pubblico ufficiale si è introdotto avvalendosi delle sue credenziali, è un registro, nazionale gestito dall’ACI, nel quale vanno registrate tutte le operazioni che riguardano le vicende circolatorie o gli elementi identificativi riguardanti un veicolo.
I dati riportati all’interno del registro sono pubblici (attenendo il pagamento del corrispettivo dovuto per l’accesso alla sola gestione economica del servizio), ma l’accesso e la relativa gestione, proprio in ragione della funzione pubblicistica svolta dal registro, è rimesso a soggetti qualificati, titolari del riconosciuto potere, come l’agente, che aveva offerto il relativo accesso al suo informatore come corrispettivo per le informazioni in precedenza ricevute, acquisendo e comunicando le notizie richieste evitandogli un pagamento.
Di conseguenza, l’accesso è stato ritenuto abusivo, proprio perché avvenuto per finalità estranee a quelle proprie dell’ufficio, in quanto l’agente aveva esercitato un potere ed un connesso atto di disposizione delle entrate pubbliche a titolo di corrispettivo per le informazioni dovute, de visu difforme all’interesse per il quale il potere stesso era stato attribuito (S.T.).
Cass., Sez. V pen., Sent., (data ud. 29/11/2023) 10/01/2024, n. 1161